Il momento che viviamo, come tutti i periodi di transizione, comporta sacrifici,
difficoltà ma anche opportunità. Le sapranno cogliere coloro che saranno in
grado di definire e intercettare prima di altri le necessità e i bisogni che la nuova
situazione genererà. Fin da ora si può affermare con certezza che la società che
ci troveremo di fronte sarà caratterizzata da tre condizioni.
La prima: la profonda incertezza nella quale si muoveranno le persone e
opereranno le imprese, almeno fino al vaccino. In questo contesto le
associazioni di rappresentanza datoriale potranno, se in grado di farlo,
costituire riferimento indispensabile per la platea dei soci, ben più che nel
recente passato. Va ricordato che l’associazionismo datoriale italiano ha avuto
due momenti di grande sviluppo, iniziativa e innovazione: nel periodo della
ricostruzione post bellica e all’indomani di “tangentopoli”, con la improvvisa
scomparsa dei riferimenti politici e sociali cui i cittadini e gli imprenditori erano
da decenni soliti affidarsi.
La seconda: la radicale modificazione degli orari e delle modalità del lavoro
e della organizzazione sociale e, di conseguenza, dei trasporti e della mobilità..
Duttilità, adattamento, intercambiabilità, disponibilità costituiranno valore
aggiunto. Sono, queste ultime, caratteristiche puntuali determinanti la
resilienza della cooperazione, non sempre presenti, invece, in altre
aggregazioni o forme d’impresa.
La terza: il rilancio della dimensione di prossimità. Ciò avverrà non solo per la
difficoltà di muoversi e viaggiare ma anche per una scelta culturale delle persone
e della classe politico-dirigente. La dimensione localistica della organizzazione
sociale favorirà la cooperazione che, per definizione, ne promuove i valori.
Siamo Ripartiti
Le comunità sociali ed economiche stanno riprendendo il proprio cammino.
Oggi sappiamo che il virus esprime la propria letalità soprattutto nei confronti di una parte limitata della umanità. La larga maggioranza delle persone, anche se
colpite dal morbo, sopravvivono. Anche nella nostra Provincia le cose stanno
andando così. Un discorso a parte riguarda le case per anziani, rivelatesi
autentici focolai del virus. Sul modello delle case per anziani la cooperazione,
che vanta consolidata esperienza nel settore, è chiamata urgentemente a
interrogarsi in modo da essere pronta alle novità che la normativa e il sentire
comune imporranno nel breve-medio termine. Contemporaneamente abbiamo
registrato la complessiva tenuta dei baluardi sociali e del senso di responsabilità
collettivo, sostenuto anche da una ramificazione virtuosa di solidarietà e
volontariato. Ha mostrato tutti i suoi limiti, invece, l’idea di salute pubblica
affidata quasi esclusivamente alle massive strutture ospedaliere a scapito della
medicina di territorio e prossimità, negli ultimi due decenni erroneamente
catalogata come desueta. Solidarietà, volontariato, idea di comunità, tipici della
cooperazione, andranno verso un rilancio e una nuova definizione di compiti. Il
rilancio del terzo settore, sotto il profilo delle risorse pubbliche e private che
potrà intercettare, è prevedibile. In tale contesto va osservato attentamente
anche l’eccezionale risultato raggiunto dalle iniziative di raccolta fondi
promosse in questo periodo a favore di onlus, etc. Un tema che andrebbe
approfondito da parte dell’associazionismo cooperativo, che potrebbe ravvisare
nel fundraising un possibile sbocco operativo.
Il compito di Confcooperative
Con la riapertura di molte attività economiche e il ritorno allo spostamento delle
persone e dei mezzi in Emilia Romagna occorre fare il punto con un quadro
normativo estremamente articolato. Primo compito di Confcooperative è
dunque quello di mettere a disposizione delle imprese un quadro puntuale e
un servizio di riferimento, utilizzando sempre più gli strumenti di
comunicazione in remoto, ai quali le stesse cooperative devono abituarsi. Tale
servizio va messo a punto anche attraverso un più puntuale e continuativo
rapporto con gli enti pubblici territoriali, non solo quelli elettivi, rilanciando
così il ruolo di rappresentanza e intermediazione della Associazione. Puntando
sulla qualità e innovazione dei servizi offerti da Ceseco così come sulla
formazione professionale fornita da Irecoop anche attraverso piattaforme
certificate e strumenti inediti.
La fase di transizione sarà molto lunga, ci dobbiamo preparare a
cambiamenti epocali. Confcooperative deve abituarsi a pensare alle
prospettive della società civile ed economica in modo sistematico. Occorre
strutturarsi adeguatamente in termini di servizi, anche pensando ad attività di
analisi e formative incentrate sullo sviluppo delle capacità di leggere scenari,
delineare nuove esigenze sociali e, di conseguenza, nuove dinamiche aziendali.
Quali scenari e come si evolveranno? Qui di seguito ne elenchiamo alcuni, a
titolo esemplificativo e soffermandoci sul possibile ruolo della cooperazione.
Il settore industriale e l’impresa di grandi dimensioni con mercati di
riferimento vasti, dovranno da subito ridisegnare gli spazi interni, la logistica,
favorendo ulteriormente la sicurezza sui luoghi di lavoro. Dotandosi anche di
personale con competenze specifiche o promuovendo collaborazioni con
strutture esterne in grado di garantire servizi riferiti a sicurezza, salubrità,
assistenza sanitaria e psicologica. Parimenti, l’impresa di medie-grandi
dimensioni dovrà sviluppare il lavoro a distanza, potenziando la consulenza
tecnologica. Dovrà, visto il ridimensionamento del settore fieristico e della
possibilità di spostamento delle persone, aprire collaborazioni con gruppi di
lavoro in grado di fornire informazioni sulle procedure commerciali, sugli
scenari internazionali e di mercato interno, sulle normative. Gruppi di
lavoro che dovranno essere in grado di maneggiare con destrezza relazioni
lingue, tecnologie, procedure.
Dobbiamo tener presente che in Italia, nel corso della pandemia, gli home
workers sono passati da 570.000 a circa 8 milioni in meno di due mesi. Un
dato clamoroso, che fa riflettere sul fatto che difficilmente si tornerà indietro, in
futuro. E che ci esorta a regolarci di conseguenza.
Il settore sanitario vedrà, inutile spiegarne le ragioni, una decisa crescita. Con
una marcata tendenza, ribadita nei giorni scorsi dal Consiglio superiore di
Sanità, alla ricostruzione della medicina di territorio a scapito della
programmazione ospedaliera, all’interno della quale rimarrà soprattutto la
specialistica. La sanità pubblica potrebbe recuperare spazio rispetto a quella
privata se questa non sarà in grado di reagire con veemenza in termini di
innovazione. Nasceranno, o verranno potenziati, presidi territoriali e di
comunità che dovranno necessariamente giovarsi di nuove collaborazioni con
strutture in grado di garantire presenza in ambito sanitario, sociale, di
supporto psicologico e logistico alla famiglia e alla persona. Nuovi e corposi
investimenti verranno effettuati nel settore della ricerca, ne trarrà spinta il
settore farmaceutico. La distribuzione al dettaglio e all’ingrosso dei farmaci
andrà verso una riorganizzazione all’interno della quale potrà trovare spazio la cooperazione. Secondo ragionevoli previsioni la rinnovata attenzione alla salute
incentiverà la nascita di prodotti assicurativi specifici, consentendo un nuovo
posizionamento sul mercato a chi saprà muoversi con credibilità e tempestività.
Il settore turistico, inutile nasconderselo, andrà incontro a un periodo di grandi
difficoltà, con accentuazioni per il settore alberghiero e quello balneare. Le
difficoltà di muoversi sui mezzi di trasporto collettivo disincentiveranno viaggi e
trasferte. Difficile pensare, tuttavia, che si rinunci totalmente a fare nuove
esperienze. Le mete diverranno quasi certamente più prossime, con conseguente
valorizzazione delle specificità territoriali, ambientali, storiche e culturali. Se
cosi sarà, il settore non sarà presidiato esclusivamente dai tour operator, come è
stato in passato, concedendo spazio a chi saprà organizzare, territorialmente,
una offerta coordinata in grado di comprendere le variegate esperienze che la
Romagna può offrire al mare come in montagna.
Il settore commerciale, della distribuzione (assediato dal commercio on line, in
netta espansione) e della accoglienza (ristoranti, bar ecc.) è quello che
incontra le maggiori difficoltà, considerate soprattutto le tradizionali piccole
dimensioni (in senso fisico, di spazi ma anche di risorse finanziarie) delle
imprese del settore. Fatti salvi i settori che in questo periodo hanno visto
notevolmente aumentare i propri fatturati (alimentare, sanitario ecc.) gli altri
patiscono oggi le restrizioni normative e patiranno, nel prossimo futuro, il
cambiamento delle abitudini e la ricerca di sicurezza dei consumatori. Per un
periodo presumibilmente lungo. Purtroppo, molte piccole aziende non
sopporteranno un periodo tanto lungo. Si ridefinirà traumaticamente l’intero
comparto e non è al momento fuori pericolo neppure il settore dei grandi centri
commerciali realizzati in Romagna dagli anni novanta in poi, prevedendo essi
una forte concentrazione di persone in ambienti chiusi. Si apre dunque una
riflessione sulla possibile nuova organizzazione (la messa in rete e sinergia delle
esperienze, la realizzazione di gruppi d’acquisto, la distribuzione domiciliare di
prodotti e servizi) di un settore tanto vasto. Un cambiamento cui potrebbero
partecipare nuovi attori, anche in forma cooperativa.
Un ragionamento analogo vale vieppiù per il settore dell’intrattenimento e
della cultura (cinema, teatro, attività museale, spettacolo, musica, ballo, ecc.)
nei quali la cooperazione vanta solide esperienze pregresse. Quando, tra non
molto, la gente potrà muoversi, vorrà farlo verso mete culturali ed esperienziali
prossime, quelle di cui, come tutti sanno, la Romagna è ricca. Chi saprà
organizzarsi nel promuovere, organizzare, valorizzare, rendere compatibili ai
gusti del pubblico e alle regole di prudenza tali esperienze troverà senz’altro
utili sbocchi operativi.
La cooperazione in Romagna vanta storicamente esperienze straordinarie, sotto
il profilo organizzativo e di generare reddito, nel settore agroalimentare e
bancario. Le capacità d’analisi strategica degli uffici studi di quelle aziende è
senz’altro superiore a quella di chi redige queste note e dunque suggerisce di
non occuparsene. Di certo, tuttavia, il rinnovato localismo di cui s’è parlato più
sopra non potrà che trovare nutrimento in quelle espressioni aziendali
cooperative che da tali principi trassero origine e che su tali principi hanno
costantemente esercitato la propria specificità e differenza.